La storia delle nostre piante coltivate

Le piante che mangiamo oggi sono state selezionate nel corso dei secoli o addirittura dei millenni a partire da piante selvatiche. È stato necessario un lungo viaggio, che ha coinvolto innumerevoli selezionatori, per arrivare fino alla nostra carota arancione, partendo dalla carota selvatica che possiede una piccola radice bianca. Si unisca a noi in questo viaggio nel tempo!

Ein eher aussergewöhnlicher Anblick: blühende Karotten

Uno spettacolo piuttosto insolito: carote in fiore

Al contrario delle piante selvatiche, che si sviluppano indipendentemente dall’essere umano, le piante coltivate dipendono da noi. Come indica il termine «pianta COLTIVATA», si tratta di piante selvatiche che sono state coltivate e migliorate geneticamente dall’essere umano durante un lungo periodo. Se le piante coltivate germogliano e sviluppano semi senza l’intervento umano, prima o poi torneranno di nuovo alla forma selvatica. Sebbene questo renda la pianta più robusta, ne va a discapito della sua qualità come pianta alimentare.

Conservare e perfezionare
Per questo durante la moltiplicazione è importante – indipendentemente che si tratti di un salvaseme o di un produttore professionista di semenze – avere sempre in mente l’obiettivo finale della varietà e selezionare di conseguenza le piante utilizzate per la riproduzione.

Una varietà, inoltre, non resta mai sempre costante nel tempo. Una varietà che è stata introdotta sul mercato cento anni fa, al giorno d’oggi appare diversa rispetto ad allora. Con ogni moltiplicazione avvengono dei cambiamenti, a volte voluti dal selezionatore, altre no. Poiché per la riproduzione sono sempre selezionate le piante più vitali, la varietà si adatta alle mutevoli condizioni ambientali.

L’obiettivo di ProSpecieRara non è quello di conservare lo stato di 50 o 100 anni fa, bensì di mantenere in vita il più ampio insieme possibile di caratteristiche, che “dormicchiano” nelle diverse varietà. Da un lato le varietà esistenti sono continuamente coltivate e si producono semenze fresche, dall’altro, assieme a dei partner ci avventuriamo anche nel campo delle nuove varietà, basandoci su antiche varietà che vengono ricombinate con metodi convenzionali.

La storia delle piante coltivate
Secondo le conoscenze attuali gli uomini divennero stanziali per la prima volta circa 7-10'000 anni a.C., nell’area della mezzaluna fertile, negli attuali Turchia e Iran. Questa è la regione di provenienza di numerosi cereali selvatici; i primi ad essere coltivati furono orzo, frumento, piselli e lenticchie. In Europa centrale invece l’essere umano divenne stanziale solo tra il 5’500 a.C. e il 2’200 a.C. Oltre alla carne e ai frutti selvatici si nutriva delle forme originarie di spelta, miglio, panico, avena, farro, segale e pastinaca. Non è invece assodato se la carota selvatica, con la sua radice a fittone bianca, fosse già utilizzata per l’alimentazione.

Con i Romani arrivarono al nord delle Alpi anche altre specie, come fava, insalata, atriplice, ma anche aneto e coriandolo.

Nei monasteri medievali probabilmente ebbero luogo i primi tentativi di selezione. I monaci descrissero le varietà di verdura, di frutta e le erbe aromatiche, le selezionarono e moltiplicarono in modo mirato per ottenere determinate proprietà. Una prima panoramica delle specie utilizzate a quei tempi è fornita dal «Capitulare de villis», l’ordinanza emanata da Carlo Magno all’inizio del IX secolo. In essa l’imperatore emanava prescrizioni su quali colture alimentari dovessero essere coltivate nel suo impero, che spaziava dall’Italia centrale fino al Mar Baltico e dai Pirenei fino alla Boemia. Oltre a molte erbe aromatiche e medicinali sono citate anche le seguenti piante per l’orto: cetriolo, melone, zucca bottiglia (lagenaria), fagiolo asparago, cece, lattuga romana, sedano, finocchio, papavero, bietola, pastinaca, atriplice, cavolo rapa, cavolo, rapa, cipolla d’inverno, rafano, scalogno, cipolla, aglio, fava, pisello e carota. Non è chiaro se la carota fosse già usata come alimento o come pianta medicinale.

Alla fine del XV secolo, con la scoperta dell’America, arrivarono in Europa anche granoturco, pomodori, zucche, fagioli rampicanti, fagioli di Spagna, peperoni e patate. Nell’arco di un secolo, una grande quantità di nuove piante coltivate divenne improvvisamente disponibile. Queste non arrivarono come specie selvatiche, in America erano infatti già utilizzate da tempo, e giunsero quindi da noi in numerose forme e varianti. Alcune di queste piante ebbero bisogno ancora di tempo per adattarsi al clima locale e alla durata del giorno, altre si stabilirono più velocemente. Ci volle inoltre del tempo affinché le abitudini alimentari della gente del posto cambiassero (“quello che il contadino non conosce …”).

Primi incroci per migliorare le piante coltivate
Nei secoli e nei millenni passati lo sviluppo delle piante coltivate è stato principalmente nelle mani dei contadini. Ogni contadino coltivava i propri campi, raccoglieva per il proprio bisogno e per lo scambio e la vendita e produceva una quantità di sementi sufficiente per le coltivazioni dell’anno successivo. Le varietà continuarono a svilupparsi, una selezione permanente aveva luogo perché le semenze erano ottenute dalle piante migliori.

Nel XVII secolo le menti più intraprendenti iniziarono con i primi incroci per migliorare le piante coltivate. Alla fine del XVII secolo le prime carote arancioni apparvero nei dipinti olandesi, selezionate a partire dalla carota bianca indigena e da quelle centro-asiatiche, color giallo e rosso porpora. Attorno al 1780 si cominciarono ad incrociare in modo mirato varietà locali di patate e nel 1786 lo scienziato prussiano F.C. Achard selezionò le prime bietole ricche in zuccheri e ottenne così la barbabietola da zucchero ‘Bianca di Slesia’.

Nel XIX secolo la selezione fu professionalizzata: in centro Europa sorsero rinomati centri di competenza per il miglioramento genetico vegetale e commercianti di sementi. Francia e Germania, in particolare, divennero centri di riferimento per la selezione di piante per l’orto; le varietà sviluppate furono commercializzate in tutta Europa e anche negli Stati Uniti d’America. Anche la carota fu continuamente plasmata mediante selezione. L’obiettivo era quello di ottenere radici uniche e non ramificate, un miglior rapporto tra midollo e buccia e un contenuto maggiore in zuccheri e carotene.

Fino alla grande ondata di privatizzazioni degli anni ’90, anche lo Stato era intensamente coinvolto nel miglioramento genetico di piante per l’orto. Questo era la prassi, poiché la ricerca sui metodi di selezione è strettamente legata alle università. Gli istituti di ricerca dell’Europa centrale hanno sviluppato un grande numero di nuove varietà di ortaggi.

Lo sviluppo dell’ibridazione
Negli Stati Uniti, nel 1909, furono portati a termine i primi tentativi di ibridazione di granoturco, nel 1940 iniziò l’ibridazione delle barbabietole da zucchero.

Nel 1956 i primi ibridi di granoturco furono disponibili nel commercio europeo delle semenze. Questo fu un importante cambiamento, poiché tutte le varietà utilizzate fino ad allora erano a semenza fissa (i.e. moltiplicabili) e impollinate liberamente all’aperto. Con le conoscenze necessarie, chiunque poteva raccogliere le proprie sementi e coltivarle l’anno seguente ottenendo la stessa qualità. Questo cambiò bruscamente con l’introduzione di varietà ibride (le cosiddette varietà F1). Nelle varietà ibride le caratteristiche della varietà non sono riproducibili nella generazione seguente. Oggi i semi di varietà ibride di ortaggi e cereali dominano l’offerta. Per alcune colture, come p.es. per il mais dolce, sono disponibili su larga scala solo varietà ibride, mentre per altre ci sono in commercio ancora poche varietà a semenza fissa, p.es. per la carota.

Privatizzazione delle sementi
Dopo la Seconda guerra mondiale le associazioni dei selezionatori di sementi fecero pressione sulla politica. Nel 1950 in Germania fu fondato l’Ufficio federale delle varietà vegetali e tre anni più tardi fu introdotta la prima legge sulle sementi del mondo. Nel 1961 gli USA, il Giappone e la maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale, inclusa la Svizzera, aderirono all’UPOV (l’Unione internazionale per la protezione di nuove varietà vegetali). L’UPOV decide le regole di base comuni per la protezione delle varietà, concedendo la proprietà intellettuale al selezionatore della varietà. Attualmente l’ESA (Associazione europea delle sementi) si batte a favore dei brevetti sulle piante.

Che un selezionatore voglia essere ricompensato per il suo lavoro è assolutamente legittimo. Tuttavia, il fatto che i brevetti implichino che le piccole aziende semenziere non abbiano quasi possibilità di competere, porta a un pericoloso monopolio che rende ancora più difficile la conservazione delle varietà antiche. Vedi qui

Sviluppare varietà grazie ai brevetti e all’ingegneria genetica è diventato così redditizio che le grandi aziende chimiche, dall’inizio degli anni ’80, hanno investito nel mercato delle semenze. Hanno iniziato a sviluppare pacchetti per talune varietà, vendute in combinazione con erbicidi e pesticidi specifici. Da allora si osserva una preoccupante polarizzazione dei mercati delle sementi: se negli anni ‘70 operavano circa 7’000 aziende semenziere, nel 2007 i primi 10 produttori di semenze vendevano circa due terzi di tutte le sementi commercializzate nel mondo. Nel 2018 sono le prime tre (Bayer/Monsanto, ChemChina/Syngenta, Dow/Du Pont) che vendono oltre il 60% delle sementi mondiali. Le aziende selezionatrici più piccole sono state rilevate o costrette a capitolare di fronte a concorrenti strapotenti. Molte delle varietà di ortaggi attualmente disponibili provengono da queste multinazionali finanziariamente forti.

La selezione vegetale biologica, una via alternativa
Già negli anni ‘70 i selezionatori dell’agricoltura biologica iniziarono ad applicare un altro tipo di selezione vegetale. I loro obiettivi di selezione sono orientati all’uso sostenibile delle risorse naturali. Si rinuncia alla manipolazione del materiale genetico del vegetale e si sviluppano varietà riproducibili (non ibride), lasciando ai contadini la possibilità di produrre le loro proprie semenze o addirittura di sviluppare nuove varietà.

In Svizzera queste aziende sono: Sativa Rheinau AG; Artha Samen, Zollinger Bio e l’azienda semenziera di cereali Peter Kunz